Analisi testuale, parafrasi e commento di Dante Alighieri - Tanto gentil e tanto onesta pare

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    Dante Alighieri - Tanto gentil e tanto onesta pare

    Tanto gentil e tanto onesta pare
    la donna mia quand'ella altrui saluta,
    ch'ogne lingua deven tremando muta,
    e li occhi no l'ardiscon di guardare.

    Ella si va, sentendosi laudare,
    benignamente d'umilta' vestuta;
    e par che sia una cosa venuta
    da cielo in terra a miracol mostrare.

    Mostrasi si' piacente a chi la mira,
    che da' per li occhi una dolcezza al core,
    che 'ntender non la puo' chi no la prova;

    e par che de la sua labbia si mova
    uno spirito soave pien d'amore,
    che va dicendo a l'anima: Sospira.

    (Dante Alighieri da Vita Nova)

    Parafrasi

    Parafrasi 1
    La mia donna si mostra tanto gentile e tanto onesta quando porge agli altri il suo saluto al punto che ogni lingua ammutolisce per il tremore e gli sguardi non osano rivolgersi a lei. Ella procede,sentendosi elogiare,con quell’atteggiamento di umiltà che ispira benevolenza;e appare come un essere sceso dal cielo sulla terra a manifestare la potenza divina. Si mostra con una tale bellezza a chi la guarda che dona, attraverso gli occhi, una dolcezza al cuore che può capirla solo chi la prova:e sembra che dal suo viso emani una soave ispirazione amorosa che suggerisce all’anima:<<sospira!>>

    Parafrasi 2
    La donna mia si mostra tanto elevata di spirito e venerata quando lei porta saluto a qualcuno che per la trepidazione non riesce più a parlare e gli occhi non riescono a guardarla. Ella si muove con quell’atteggiamento di umiltà quando qualcuno la loda e pare che sia una donna discesa dal cielo sulla terra per mostrare in concreto la potenza divina. A chi la contempla si mostra con una tale bellezza che attraverso gli occhi dona una dolcezza al cuore che chi non prova non la può capire e pare che dal suo viso emani una soave ispirazione amorosa che suggerisce all’anima: sospira.

    Analisi

    Temi e motivi
    Chi non conosce l'amore di Dante per Beatrice, l'amore piu' famoso della letteratura italiana sbocciato a Firenze negli ultimi decenni del Duecento? Un amore cantato da Dante secondo quel raffinatissimo galateo amoroso del Dolce Stil Novo come in questo celebre sonetto dove un episodio di vita quotidiana, ambientato per le strade di una Firenze medievale, si trasfigura presto in apparizione ultraterrena, non piu' donna ma angelo, Beatrice diventa la prova dell'esistenza di Dio, autentico miracolo in terra (...e par che sia una cosa venuta da cielo in terra a miracol mostrare).

    Unico fra i cinque sensi capace di cogliere lo spettacolo offerto da questa apparizione celeste e' la vista: la bellezza, la nobilta', l'umilta' della donna sono tali che gli spettatori restano ammutoliti. In una simile atmosfera incantata risulta evidente che l'amore di Dante per Beatrice altro non e' che un mezzo di elevazione spirituale. La donna, priva di connotati fisici e di attributi terreni, diviene il tramite per raggiungere Dio. E' evidente che il sonetto e' intriso di profonda religiosita' in quanto in tal modo, Dante e gli stilnovisti conciliano l’amore terreno con quello divino.

    Aspetti metrico-stilistici
    Si tratta di un sonetto formato da quattordici endecasillabi divisi in due quartine e due terzine. Le rime sono incrociate nelle quartine (ABBA) e invertite nelle terzine (CDE-EDC). Particolarmente interessante l'allitterazione presente nel primo verso dove la ripetizione del termine "tanto" oltre ad una funzione musicale, ha anche quella di accentuare la funzione della donna. Da notare, inoltre, che non sempre il verso coincide con l'enunciato logico, come nei versi 1-2 dove per comprendere la frase bisogna passare al verso successivo. Questo procedimento detto enjambement consente particolari effetti espressivi, come in questo caso dove consente di attirare subito l'attenzione del lettore su due aggettivi "gentile" ed "onesta" che meglio caratterizzano le qualita' di Beatrice (donna) quando saluta. L'intercedere della donna tra gli uomini e gli effetti mirabili che ella produce erano stati gia' trattati all’esempio da Guinizzelli nel sonetto "Io voglio del ver la mia donna laudare" e da Cavalcanti in "Chi e' questa che ven?"

    22/10/2005
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    Analisi 2

    “Tanto gentile e tanto onesta pare”è il sonetto di Dante Alighieri che ben sintetizza i concetti-chiave della poetica dello Stil Novo, cioè i binomi amore-virtù, donna-angelo e amore-cuore gentile.Ora l’amore per la donna si innalza ad un livello superiore rispetto all’amore cantato dai trovatori, perché esso tende ora alla perfezione celeste.

    Notiamo immediatamente che la forma del sonetto,rispetto ai componimenti dei trovatori e dei poeti della scuola siciliana, è nuova e dolce, non artificiosa e fine a se stessa; è infatti regolare e piana nella sintassi,armoniosa nei suoni,fluida e pacata nel ritmo: tutto questo favorisce un senso di serenità e uno stato di stupore e di estasi.In particolare, con riferimento al lessico, i verbi più che evocare situazioni concrete rimandano a significati e immagini astratte.Infatti Dante descrive una condizione psicologica e spirituale, chiarendo bene gli effetti benefici suscitati dall’apparizione della sua donna che si manifesta attraverso segni fugaci (il saluto e lo sguardo). Anche i verbi “mostrasi” e “pare” tolgono fisicità alla donna per renderla spirituale e per farne un oggetto di contemplazione.

    Di Beatrice non viene descritto l’aspetto fisico, perché è incorporea ed è resa spirituale ed è in grado di migliorare gli altri e farli avvicinare a Dio. Gli altri, di fronte a Beatrice, sono passivi e subiscono cambiamenti fisici e psicologici: ammutoliscono, sospirano, abbassano lo sguardo, provano ammirazione, stupore.
    L’apparizione di essa è pertanto miracolosa e i suoi occhi e il suo viso suscitano sentimenti di purezza e dolcezza profonda che si infondono nel cuore non solo del poeta, ma di tutti coloro che la ammirano.
    Ben si comprende, al termine della lettura, che Beatrice non si può raggiungere fisicamente, ma solo attraverso la nobiltà e la gentilezza dell’animo.
    Con questo sonetto Dante non ha voluto descrivere quindi uno spettacolo o un fatto concreto, bensì rappresentare uno stato d’animo e soprattutto ribadire la nuova e rivoluzionaria concezione dell’amore.

    Inserito da dat il Mer, 09/08/2006 - 15:15

    Analisi 3

    ANALISI DEL TESTO...

    1Prima decodifica:
    Questo intensissimo sonetto di Dante Alighieri proviene dall'opera “Vita Nuova”. Composta probabilmente tra la fine del 1293 e i primi mesi del 1294, la “Vita Nuova” si compone di 31 poesie, accompagnate da 42 capitoli in prosa. La trama narrativa è caratterizzata dall'esperienza mistica con Beatrice. Il titolo dell'opera indica appunto la vita rinnovata dall'incontro con questa donna mistica, il profondo mutamento interiore seguito all'incontro.
    Il sonetto risulta incentrato sull'apparizione della donna-angelo-che-salva, Beatrice. Ella appare come una visione miracolosa che richiama la presenza del divino tra gli uomini, è quindi “Figura Christi”.

    Caratteristiche principali:
    Prima quartina:
    Il saluto e le reazioni stupefatte degli astanti. L'incapacità di esprimere le sensazioni. Il pudore dei presenti impedisce anche solo di levare lo sguardo. E' rispetto quasi religioso.
    Seconda quartina:
    La lode poetica e la sua purezza e umiltà che invitano ad un'alta spiritualità. Beatrice appare come una visione miracolosa che quasi miracolosamente richiama la presenza del divino tra gli uomini.

    Prima e seconda terzina:
    La sua bellezza è evidente e provoca una indicibile dolcezza nell'animo attraverso il suo sguardo. La sua presenza si lega ad una sensazione quasi trascendente che invita l'animo a sospirare estatico.

    2Livello metrico:
    Il sonetto, naturalmente composto da due quartine e due terzine, presenta lo schema a rima incrociata nelle quartine e alternata nelle terzine. Ecco il relativo specchietto:

    Tanto gentile e tanto onesta pare A
    la donna mia quand'ella altrui saluta, B
    ch'ogne lingua deven tremando muta, B
    e li occhi no l'ardiscon di guardare. A

    Ella si va sentendosi laudare, A
    benignamente d'umiltà vestuta; B
    e par che sia una cosa venuta B
    da cielo in terra a miracol mostrare. A

    Mostrasi sì piacente a chi la mira, C
    che dà per li occhi una dolcezza al core, D
    che 'ntender no la può chi no la prova: E

    e par che da le sue labbia si mova E
    uno spirito soave pien d'amore, D
    che va dicendo a l'anima: Sospira. C

    Da notare la netta prevalenza verbale delle parole in rima, in posizione strategica e quindi privilegiata (pare/saluta, guardare/laudare/mostrare, mira/prova/si mova/sospira).
    Si nota una perfetta equivalenza tra A-maiore e A-minore. La prima quartina, ad esempio, segna la prevalenza dell' A-minore (“Tanto gentile // e tanto onesta pare”; “la donna mia // quand'ella altrui saluta”). Nella prima terzina, invece, si assiste alla prevalenza dell' A-maiore: “Mostrasi sì piacente // a chi la mira”; “che dà per li occhi // una dolcezza al core”.
    Il testo presenta alcuni enjambements; in due casi (vv. 1-2, 12-13) la fine del verso separa il verbo dal soggetto posposto (con effetto di rallentamento del ritmo); ai vv. 7-8 l’enjambement divide invece il verbo dal complemento di moto da luogo.

    3.Livello fonico:
    A livello timbrico si nota la presenza di timbri aperti soprattutto nelle parole-chiave, colpite da ictus o accento forte: gentile, onesta, pare, donna. Rilevante la presenza della vocale più aperta -a: “che va dicendo all'anima: Sospira”. Importante anche la presenza di allitterazioni che contribuiscono a realizzare una tessitura musicale in chiave dichiaratamente onomatopeica.
    Da notare, inoltre, la cobla capfinida in “mostrare./Mostrasi” che collega, a livello di significante, le prime due quartine alla prima terzina. Si osservi la toblermostafia in “Mostrasi”.

    4.Livello sintattico:
    La costruzione sintattica del sonetto è piuttosto lineare, in obbedienza ai dettami dello stile “dolce” che rifugge dai costrutti artificiosi e difficili. La frequenza della congiunzione coordinante «e» in posizione iniziale di verso (vv. 4, 7, 12) determina un effetto di accumulazione che conferisce al testo il ritmo lento tipico della contemplazione estatica. Ma il testo affida molti dei suoi effetti all’uso delle proposizioni consecutive. Nella prima quartina sono presenti due di queste proposizioni tra loro coordinate («ch’ogne lingua deven tremando muta / e li occhi no l’ardiscon di guardare, vv. 3-4), anticipate nel primo verso dall’avverbio «tanto», anch’esso ripetuto due volte. Altre due consecutive, stavolta subordinate l’una all’altra, si incontrano ai v. 10-11: la prima di esse («che dà per li occhi una dolcezza al core», v. 10) è subordinata di primo grado ed è anticipata da un avverbio nella principale («sì», v. 9); la seconda invece è subordinata di secondo grado (dipende cioè dalla prima consecutiva) e non viene anticipata da avverbi, tanto da poter essere a prima vista scambiata con un’espansione relativa del sostantivo «dolcezza».
    La frequenza delle proposizioni consecutive e la loro posizione strategica (all’inizio della prima quartina e all’inizio della prima terzina) non sembrano causali. Secondo Francesco Agostini, l’uso delle consecutive rappresenta «uno stilema avente un preciso valore funzionale. Il sentimento d’amore, concepito come qualcosa di per sé ineffabile, non viene espresso in forma diretta ma soltanto attraverso l’analisi di alcune reazioni che esso provoca nel “cor gentile” 2».

    A cura di
    Di Battista Cecilia, Nazzaro Stefania & De Vincentis Stefano
    classe 3f, Liceo Scientifico G.Galilei, Pescara

    Commento al testo

    Questo sonetto di Dante Alighieri, è uno degli esempi più significativi della poesia del Dolce Stil Novo. Tratto dalla Vita Nova", opera mista di prosa e poesia, che narra l'amore del poeta per Beatrice. Beatrice, morta prematuramente all'età di ventiquattro anni, è raffigurata in quest'opera come la donna angelo, che irradia una luce di bellezza sovraumana che avvince l'animo e lo fa innamorare. Infatti, secondo i principi del Dolce Stil Novo, la donna è trasfigurata ed elevata ad angelo. In questo sonetto, Dante canta Beatrice come una donna cortese, dignitosa, umile e dotata di bellezza e grazia spirituale. Il poeta paragona la sua donna a una creatura venuta dal cielo sulla terra per testimoniare la grazia divina. L'apparizione di Beatrice produce, in chi li contempla, incapacità di parlare, senso di dolcezza e di gioia, senso di simpatia e desiderio di amore spirituale.

    Commento 2

    Nella poesia non si staglia un quadro dal forte carattere visivo, non si delinea uno sfondo concreto, non spicca una descrizione fisica della donna, in termini di colori, volumi, chiaroscuri. Si vede la serie dei sostantivi impiegati :<<donna- lingua- occhi- umiltà- cosa- cielo- terra- miracol- dolcezza - core- labbia- spirito- amore- anima>> nessuno di essi evoca una realtà concreta e fisica. Anche quelli più concreti (lingua, occhi, cielo, terra) assumono un significato metaforico o un valore puramente spirituale , ciò vale anche per labbia, che non indica tanto il volto nella sua realtà materiale, quanto l espressione di esso, cioè la manifestazione di una realtà interiore.

    Per quanto riguarda i verbi sono una presenza molto rilevante nel testo. Hanno netta prevalenza tra le parole in rima, cioè quelle in posizione forte, di maggior spicco : sono ben 11 su 14.Spesso compaiono anche nell altra posizione forte , all inizio del verso: z<< si va (v 5)> <e par (v. 7)> <mostrarsi (v.9)> < che dà (v 10)> che 'ntender(v11) , e par (v 12) , che va (v 14). Poichè il verbo serva a indicare l azione, tanti verbi (22 in tutto, non contando quelli servili) dovrebbero dare un impronta di intenso movimento dinamico al componimento, e ciò contrasterebbe con l atmosfera di estatica contemplazione che si è sottolineata. Solo uno dei verbi però indica un movimento reale nello spazio >si va>. Altri verbi di movimento sono puramente metaforici (venuta dal cielo 8n terra) . Altri verbi hanno un arresto dell azione (deven tremando muta) . Quindi il graìn numero dei verbi contribuisce in unione con i sostantivi a smaterializzare l immagine, a conferirle il senso non di quadroi visivo di una realtà fisica, ma di figura astratta, densa di significati metafisici, oggetto di pura contemplazione mentale.

    Commento 3

    Nell'analisi e nell'interpretazione del sonetto Tanto gentile si è impegnato Gianfranco Contini, uno studioso la cui scrittura ha caratteristiche (uso di metafore, citazioni numerose da testi antichi e moderni, frequenti allusioni dotte) che ne rendono difficile la comprensione a chi non sia fornito di letture assai ampie, oltre che di una preparazione filologica. Torneremo più avanti (quando tratteremo del nostro secolo) sul gusto e sulla formazione di Contini e presenteremo allora qualche sua pagina critica. Del saggio sulla Vita Nuova ci limitiamo qui a riassumere il contenuto.
    Contini muove da una premessa: generalmente si crede che di questo sonetto si possa avere una comprensione immediata e facile.
    «Passa per il tipo di componimento linguisticamente limpido, che non richiede spiegazioni, che potrebbe "essere stato scritto ieri"; e si può dire invece che non ci sia parola, almeno delle essenziali, che abbia mantenuto nella lingua moderna il valore dell'originale».
    Egli si pone quindi il problema di storicizzare la lingua (di ricostruirne gli aspetti che si sono modificati nel corso storico), notando alcuni fatti grammaticali (collocazione e funzione di forme verbali o di pronomi) che appartennero all'italiano arcaico e che sono oggi in disuso e, sopra tutto, restituendo al lessico il significato che esso aveva quando Dante lo impiegò.
    Osserva dunque che labbia significa non tanto «volto» , quanto piuttosto «fisionomia» (l'espressione del volto); che ben tre vocaboli del primo verso (gentile, onesta, pare) hanno un valore del tutto diverso da quello con cui oggi li adoperiamo.
    «Gentile è `nobile', termine insomma tecnico del linguaggio cortese; onesta, naturalmente latinismo, è un suo sinonimo, nel senso però del decoro esterno...; più importante, essenziale anzi, determinare che pare non vale già 'sembra', e neppure soltanto 'appare', ma 'appare evidentemente, è o si manifesta nella sua evidenza'. Questo valore di pare, parola-chiave, ricompare nella seconda quartina e nella seconda terzina, cioè, in posizione strategica, in ognuno dei periodi di cui si compone il discorso del sonetto. Sembra assente dalla prima terzina, ma solo perché essa si inizia con l'equivalente mostrasi, il quale riprende l'ultima parola della seconda quartina...».
    Donna ha esclusivamente il suo significato originario di 'signora (del cuore)'; cosa non indica, come oggi, ciò che è sotto il livello della persona, ma, in senso largo, un essere non determinato che produce sensazioni e impressioni (l'effetto in questo caso è il miracol); spirito è un termine tecnico, della filosofia, e personifica un'attività vitale, un'emozione. Dall'analisi grammaticale e linguistica del testo Contini ricava, in conclusione, la seguente parafrasi:

    «Tale è l'evidenza della nobiltà e del decoro di colei ch'è mia signora, nel suo salutare, che ogni lingua trema tanto da ammutolirne, e gli occhi non osano guardarla. Essa procede, mentre sente le parole di lode, esternamente atteggiata alla sua interna benevolenza, e si fa evidente la sua natura di essere venuto di cielo in terra per rappresentare in concreto la potenza divina. Questa rappresentazione è, per chi la contempla, così carica di bellezza che per il canale degli occhi entra in cuore una dolcezza conoscibile solo per diretta esperienza. E dalla sua fisionomia muove, oggettivata e fatta visibile, una soave ispirazione amorosa che non fa se non suggerire all'anima di sospirare».

    Naturalmente con la parafrasi (la versione in prosa) noi cogliamo soltanto il significato logico del sonetto e non altri aspetti che sono propri del linguaggio poetico (per esempio, il valore del suono e del ritmo). Tuttavia il testo dantesco è «razionalmente preciso», nel senso che Dante intendeva proporre al lettore non vaghe suggestioni, ma concetti: perciò la riscoperta del significato esatto dei termini è un'operazione necessaria a chi voglia tentare poi di interpretare il sonetto: cosa che Contini stesso ha fatto, ricavando dall'analisi lessicale una chiave di lettura. Il pare (ripreso dall'equivalente mostrasi) si può considerare parola-chiave per la sua presenza, ripetuta, in posizioni di grande rilievo (in ogni periodo, alla fine o all'inizio di un verso). Il suo significato («si manifesta con evidenza») indica il concetto basilare del testo: Beatrice è la manifestazione concreta, visibile, di un miracol.
    Conclude Contini: «Il problema espressivo di Dante non è affatto quello di rappresentare uno spettacolo, bensì di enunciare, quasi teoreticamente, un'incarnazione di cose celesti e di descrivere l'effetto necessario sullo spettatore».

    Gianfranco Contini
     
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  2. Ortensia 6
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    Poesia che più oltre non si può !
     
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